Amartìa, il nuovo disco di Ninfa Giannuzzi e Valerio Daniele

recensione di Girolamo De Simone

Che disco magnifico, completo a guardarlo da qualsiasi prospettiva, valoriale, tecnica, goduria d’ascolti e tanto tanto altro: “Amartìa” di Ninfa Giannuzzi e Valerio Daniele, opera seconda del fantastico duo. Testi in lingua grika, sia tradizionali che di nuova scrittura, di Ninfa Giannuzzi, ma con la consulenza di Anna Maria Chirienti e Salvatore Tommasi. Musica struggente, figlia del nostro tempo, prevalentemente di Valerio Daniele, questo genio della musica che dovremmo ricoprire d’oro per ogni dono di bellezza assoluta che partorisce, mantenendo un gesto sempre misurato, al di là dei nostri deliqui d’ascolto! Il dialetto grico, o griko, conosciuto come basso italico, è un misto d’italiano, greco antico e bizantino. Un’inflessione particolarissima, radicata, mi verrebbe da scrivere ‘arradicata’ perché pare quasi avvinghiata alla terra, sia che canti di boccioli strappati alla rosa e appoggiati sul petto, o narri le spade di Ulisse, che bruciano il cuore (mu cèune ti ‘kardìa); o, ancora, che racconti di morte e di mare, come nel traditional “Motti torì”.

Valerio Daniele e Ninfa Giannuzzi

Per il perfezionamento dei testi, così curati e ficcanti, vanno menzionati, oltre ai già citati anche Brizio Montinaro, Renato Colaci, Francesca Licci. I musicisti protagonisti, con Valerio Daniele, sono noti anche per loro monografici stupendi: Giorgio Distante (tromba), ma anche Redi Hasa (violoncello), Shadi Fathi (setar) ed Emanuele Licci (voce). Insomma, una realtà che si consolida, questa del collettivo dei “Desuonatori”, che un po’ invidio, constatando la loro magnifica densità collaborativa, e dispiacendomi invece del protagonismo edonistico e lobbistico d’altri luoghi (che ne parliamo a fare…).

La copertina del libretto di Amartìa

Mi piace molto la qualità e la ripresa della voce di Ninfa Giannuzzi, per timbri e inflessioni (loro plasticità, con duttilità davvero rara). Da segnalare alcuni degli assoli solo strumentali, come intorno ai quattro minuti di “Ulisse”, o l’introduzione dolcissima, etnica ma densa e stratificata (in grado di rinvii a sonorità riconoscibili ma novate) della ninna nanna “Orria esù plonni – Eìvala” (traditional). In molti luoghi scorgo una linea di continuità che caratterizza l’opera di Valerio Daniele, il quale dice il nuovo, sempre, mantenendo tuttavia una precisa cifra stilistica, che riconosco in ogni disco, e che me ne conferma un valore crescente, maturo (il che non vuol dire mancanza di levità del gesto strumental/compositivo, anzi). Il progetto “Desuonatori” è un “coordinamento di autoproduzioni per la socializzazione di musica inedita in nuovi contesti di fruizione”, qualcosa di importante, e che può essere esplorato sul sito www.desuonatori.it, oppure scrivendo a valeriodaniele@gmail.com oppure a desuonatori@gmail.com . Il disco ha a corredo un pregevole libretto (e il solo libretto consente poi di scaricare i file con un QR code) che contiene i testi e lascia intuire tutto il lavoro, molto accurato, di produzione, dalla cura grafica di Valentina Sandò (delicata, essenziale, elegante) all’immagine di copertina, una preziosa miniatura di Egidio Marullo. [Girolamo De Simone]