The Second Sun

Recensione di GIROLAMO DE SIMONE

La musica di Alias – The Second Sun è giosa, effettivamente solare. Dialoga implitamente con il concetto di melting pot, di crogiolo, che è integrazione tra culture attraverso qualcosa che non definirei più solo ‘contaminazione’, dacché questo termine è ormai usurato, e ha raccontato spesso il semplice accostamento. Qui, come in altri lavori di Giovanni Guarrera e Romilda Bocchetti (mi riferisco ai dischi della OMM, Orchestra Multietnica Mediterranea), il crogiolo s’attua attraverso una introiezione di stilemi, scambio di sillabe tra culture, il che prevede una naturalezza di accostamento che si fa nuova lingua comune. I ritmi incalzanti della open track Red Six, nella quale segnalo l’insert all’oboe del compositore e polistrumentista Max Fuschetto, trovano continuità in Pitch Black, che contiene a mio avviso riferimenti anche timbrici alla minimal music delle origini, e a una fusione che sarà gradita agli amanti del progressive. La voce ha un effetto che delocalizza felicemente il brano, intercalato con una esposizione vocale che non sfigurerebbe accanto alle mirabilie dei Renaissance.

Anche Mediterraneo Prog sprizza energia ritmica e vocale. Ricordo che Romilda Bocchetti è coautrice dei brani con Giovanni Guarrera, ma è anche Voce del disco e pianista-tastierista. Una nota rilevante è nella naturalezza autorale di Giovanni Guarrera, che seguo da alcuni anni, e nel quale ritrovo la medesima freschezza degli esordi, arricchita da una vision musicale che punta alla generazione di un ascolto privo di sovrastrutture, immediato: un suono presente, prorompente. L’introduzione di Danza dei due mondi ha eco quasi rinascimentale, un assolo chitarristico di Giovanni Guarrera gioioso, poi l’entrata ritmica strato su strato degli strumenti, percussione e basso, e uno spostamento ‘panpottato’ destra/sinistra coraggioso. In The second Sun non posso non segnalare l’assolo della batteria e i clusters pianistici, i glissati su corde, tecniche che strizzano l’occhio ad altri espedienti di ricerca tipici dei magnifici ‘Settanta’, anni che tutti abbiamo amato per la forza simbolica e l’incandescenza rinnovatrice, e che forse costituiscono un riferimento estetico esplicito in questo disco, quasi a voler riaffermare che, effettivamente, “non sempre la storia la scrive chi vince”, come riportato in esergo al libretto d’accompagnamento.

Segnalo  gli altri protagonisti di questo godibile lavoro discografico: Ezio Felaco, quale bassista e coautore di alcuni numeri; Fredy Malfi alla batteria. Sono belle sia la grafica di Alessandra Guarrera, che le opere policrome di Raffaele Bocchetti. Incisive le foto di Gianni Russo (riportate qui di seguito…).