Recensione di Girolamo De Simone
Ieri sera “La macchina del tempo” ha tenuto a battesimo “Secret Shadows” di Max Fuschetto, con Enzo Oliva (pianoforte) e Cosimo Morleo (voce). Il concerto si è tenuto a Napoli, alla Domus Ars, all’interno della trentottesima stagione concertistica dell’Associazione Domenico Scarlatti, con la direzione artistica di Enzo Amato.
Facendo seguito a un percorso di ricerca che Fuschetto porta avanti da alcuni anni, “Secret Shadows” compie un passo avanti: “lo scorso settembre, proprio qui alla Domus Ars abbiamo realizzato un primo esperimento: creare dei ponti sonori e poetici tra il mondo contemporaneo, costituito da un insieme di miei lavori per piano e chitarra elettrica, e un canto senza tempo, fluttuante tra il presente e un passato indefinito grazie anche alle originalissime qualità vocali di Cosimo e alla duttilità di Enzo che si muove con gran disinvoltura tra gli stili più diversi… Con ‘Secret Shadows’ abbiamo fatto un passo avanti. Innanzitutto Enzo Oliva eseguirà un insieme di nuovi brani che ho scritto tra febbraio e luglio di questo anno, anche come banco di prova per un prossimo lavoro discografico, e, come una costellazione che ne attraversa un’altra, le canzoni di Cosimo Morleo, Howel e Brel sposteranno il campo estetico verso il suono che si fa testo”.
Con questi presupposti, lo spettacolo inizia col pianoforte solo, e si rende subito fluido seguendo una struttura palindroma di 3 + 3 / reading / 1 / reading / 3 + 3. Talora il lirismo viene offerto dall’oboe di Max Fuschetto, come in Amaranta, talaltra si intreccia con virtuosistica tenzone, tra ritmi serrati affidati alla mano sinistra di Enzo Oliva e una maggior tematicità alla mano destra. Le cellule sono trattate in un modo che sembra far sua la lezione post-donatoniana, riuscendo tuttavia a conciliarsi con una meravigliosa spontanea assimilazione di stilemi tratti dal blues e dalla musica popular. Sento vicine, in alcuni brani, le sospensioni di piccole frasi in pianissimo, lasciate come incompiute, e che subito riallacciano e chiudono cerchi logici di coinvolgente astrazione. Il portato complessivo degli stilemi – che potrei dire individuano l’originalità del gesto compositivo di Fuschetto – è di straordinario interesse e, cosa che a me pare molto importante, innovativi ed efficaci nella loro scrittura pianistica. Enzo Oliva tesse queste ritmiche e riesce a far procedere gli inanellamenti che ne scaturiscono con sicurezza e abile gestualità. Nei due momenti centrali, una narrazione sonora è sfondo alla voce di Cosimo Morleo, il quale rende con bella profondità timbrica e ampia tessitura lirici testi. Tale ‘sfondo’ è una texture di pad sonori che per bellezza potrebbe anche farsi assolo. La conclusione della performance, l’ultima ‘triade’ della struttura palindroma, è affidata al contrappunto dialogante con la musica di Cosimo Morleo, molto bella, e la versione di Franco Battiato de La Chanson des Vieux Amants di Jacques Brel.
Mi piace completare questa breve cronaca riportando anche qui quanto Fuschetto annota sul programma di sala: “Metafore che si trasformano: prendo a prestito questa espressione da un sottotitolo di un romanzo di Haruki Murakami per raccontare la storia, breve, di questi primi dieci brani per pianoforte… Rebecca, Amaranta… sono motivi, temi, melodie che vengono da lontano. Appuntate su un foglio, in una cassetta, a mente tra il 1991 e il 1993 le ho portate con me qua e là nei vari spostamenti come fossero la sintesi di quel mondo, una sintesi affidata al suono più che alla parola. Quando a febbraio di quest’anno ho deciso di riprenderne alcuni, li ho considerati metafore, simboli, ologrammi che letti con gli occhi e ascoltati con le orecchie di oggi hanno preso a trasformarsi. Metafore. Che si trasformano, appunto”.
(Girolamo De Simone)