L’urlo di Luciano Cilio

Un nuovo volume dedicato al compositore napoletano scomparso nel 1983

Luciano Cilio è stato un musicista e un compositore d’avanguardia, che ha operato a cavallo tra gli anni 70 e 80 a Napoli. Eco di un universo assente, la musica di Cilio non ha tempo nonostante i leggendari “Dialoghi del Presente” del 1977 siano l’unico disco pubblicato in vita; quei brani erano una proposta di rivoluzione radicale del minimalismo, toccati dal fuoco ma originati dal silenzio. Un’opera paragonata per l’intensità abissale al Nick Drake di “Pink Moon” da Jim O’Rourke e un artista che suonò per Demetrio Stratos, con Shawn Philips e in “Aria” di Alan Sorrenti. Misuratosi con l’insuccesso che tocca in sorte a chi è fuori dal coro, scopertosi senza voce e lasciato solo, Cilio si tolse la vita a 33 anni, senza aver mai scritto la sua musica. E sarebbe potuto essere l’oblio sui suoi suoni se Girolamo De Simone, Eugenio Fels ed altri amici non avessero deciso di tenere in vita la sua memoria attraverso decine di pubblicazioni – su tuttela raccolta “Dell’Universo Assente” e la ricerca trentennale dei “Nastri Ritrovati” influenzati dai suoi viaggi giovanili in India, dati per persi e miracolosamente riemersi nel 2018 – che ne hanno moltiplicato i segni fino a questo libro: un omaggio alla memoria inconciliata, una “ghirlanda di senso tra uomini che non sopportano l’oblio di altri uomini”. In questo testo Luciano Cilio torna a parlarci dentro le fotografie di Fabio Donato, con la voce di Luca Buonaguidi, nelle intuizioni di Salvatore Setola e attraverso un’intervista impossibile.Infine a (ri)suonare con brani interpretati da Girolamo De Simone – ascoltabili al link allegato – autore dei testi di documentazione finali. Un libro sull’itinerario umano e artistico di chi è assente ma continua a lasciare tracce. (Abstract dalla quarta di copertina del libro).
Per crac edizioni da fine ottobre in libreria. “L’urlo. I suoni senza voce di Luciano Cilio”.

Luciano Cilio, in una delle foto di Fabio Donato pubblicate nel volume edito da Crac

Una delle frasi riportate sulla copertina del libro pubblicato da Crac è tratta da una lirica di Antonio Neiwiller, la cui cifra artistica era nella rilettura, nel rifacimento… frase dichiaratamente ispirata a Majakovskij. Riportiamo di seguito la stupenda lirica di Neiwiller, il quale fu legato alla musica di Cilio, tanto da usarla per uno dei suoi ultimi lavori teatrali.

CHE SENSO HA SE SOLO TU TI SALVI

È tempo di mettersi in ascolto.
È tempo di fare silenzio dentro di sé.
È tempo di essere mobili e leggeri,
di alleggerirsi per mettersi in cammino.
È tempo di convivere con le macerie
e l’orrore, per trovare un senso.
Tra non molto, anche i mediocri lo
diranno.
Ma io non parlo di strade più impervie,
di impegni più rischiosi,
di atti meditati in solitudine.
L’unica morale possibile
è quella che puoi trovare,
giorno per giorno, nel tuo luogo
aperto-appartato.
Che senso ha se solo tu ti salvi.
Bisogna poter contemplare,
ma essere anche in viaggio.
Bisogna essere attenti,
mobili, spregiudicati e ispirati.
Un nomadismo,
una condizione, un’avventura,
un processo di liberazione,
una fatica, un dolore,
per comunicare tra le macerie.
Bisogna usare tutti i mezzi disponibili,
per trovare la morale profonda
della propria arte.
Luoghi visibili
e luoghi invisibili,
luoghi reali
e luoghi immaginari
popoleranno il nostro cammino.
Ma la merce è la merce,
e la sua legge sarà
sempre pronta a cancellare
il lavoro di
chi ha trovato radici e
guarda lontano.
Il passato e il futuro
non esistono nell’eterno presente
del consumo.
Questo è uno degli orrori,
con il quale da tempo conviviamo
e al quale non abbiamo ancora
dato una risposta adeguata.
Bisogna liberarsi dell’oppressione
e riconciliarsi con il mistero.
Due sono le strade da percorrere,
due sono le forze da far coesistere.
La politica da sola è cieca.
Il mistero, che è muto,
da solo diventa sordo.
Un’arte clandestina
per mantenersi aperti,
essere in viaggio,
ma lasciare tracce,
edificare luoghi,
unirsi a viaggiatori inquieti.
E se a qualcuno verrà in mente,
un giorno, di fare la mappa
di questo itinerario;
di ripercorrere i luoghi,
di esaminare le tracce,
mi auguro che sarà solo
per trovare un nuovo inizio.
È tempo che l’arte
trovi altre forme
per comunicare in un universo
in cui tutto è comunicazione.
È tempo che esca dal tempo
astratto del mercato,
per ricostruire
il tempo umano dell’espressione
necessaria.
Una stalla può diventare
un tempio e
restare magnificamente una stalla.
Né un Dio, né un’idea,
potranno salvarci
ma solo una relazione vitale.
Ci vuole una altro sguardo
per dare senso a ciò
che barbaramente muore ogni giorno
omologandosi.
E come dice un maestro:
“tutto ricordare e tutto dimenticare”. 

ANTONIO NEIWILLER
L’altro sguardo: per un teatro clandestino.
Dedicato a T. Kantor (1993)