La scomparsa di Mario Cesa

di GIROLAMO DE SIMONE

È scomparso Mario Cesa, uno dei più autentici testimoni della musica contemporanea campana. Ne scrissi molte volte, anche sul quotidiano ‘il manifesto’, e ospitai sovente sue musiche al Teatro Galleria Toledo, nella storica rassegna di musica contemporanea che ancor oggi curo a Napoli. Ricordo con particolare emozione una performance del 2 aprile 1999, che vide Bruno Canino eseguire, affiancate, le nostre composizioni.

RIporto qui sotto un estratto di quanto scrissi di lui nel libro “L’altra avanguardia. Piccola storia della musica contemporanea” (Napoli 1996, Edizioni Scientifiche Italiane, Anno III, Gennaio-Giugno).

“Non posso chiudere questo libro senza fare cenno all’attività di Mario Cesa, un compositore irpino di cui ammiro l’opera e l’attività di promozione culturale (è da anni il direttore artistico di un Festival delle Orchestre molto conosciuto all’estero e snobbato dai giornali locali). Essenzialmente autodidatta per la composizione, la sua attività non fu risucchiata che occasionalmente dai miasmi napoletani. E’ infatti stato eseguito a Cuba, in Germania, Polonia, Francia, Ungheria ad opera di interpreti ‘storici’: Canino, Ballista, Fumo, Mondelci, Fabbriciani, Scarponi. Ha pubblicato dischi con Edipan, Leep Records, Musical Dorica. Tra le sue opere più rappresentative ci sono i Cinque esercizi sulle feste popolari irpine, eseguito in prima da Bruno Canino (a lui dedicato, e pubblicato dalla Edipan nel 1983), il quale lo ha riproposto in un recente concerto capace ancora di scandalizzare qualche critico. La parte presenta cinque ‘tracce’ che utilizzano soltanto i righi (in violino e basso) necessari, e poi sviluppa gli esercizi utilizzando un grafismo essenziale, non pittorico come in altri lavori, con l’uso di clusters e semiclusters. Bella l’idea percussiva che scaturisce dalla realizzazione della “spirale” visivo/esecutiva nel quarto esercizio. Varianti (‘ossia’) sono possibili a scelta dell’interprete. 

Notevoli anche le Feste Paesane dell’ ’83 per dodici strumenti a fiato e timpani. La parte vi si dipana come un’intabulatura per liuto, la ricerca del segno grafico si fa più sofisticata, meno essenziale, più ardita. Lo spartito si trasforma in una descrizione scritta del brano (a sua volta trasposizione di una oralità scomparsa). Qui lo sperimentalismo aleatorio si fa strada pericolosamente, ma l’ambito di casualità è meno ampio di quel che si potrebbe immaginare. 

Non meno importante mi pare il Modulo pianistico pubblicato dal mensile “Piano Time”; è uno studio delle possibilità armoniche liberate da una linea tematica di suoni a tasto vuoto (o ‘morto’, come indica Cesa) che reagisce alla percussione ripetuta di un accordo in fortissimo. E’ inutile sottolineare che la melodia è ‘popolare’, come spesso in questo autore, attento studioso  del folclore dei luoghi. Mi sembrano rappresentative anche le Ritualità antiche (per pianoforte a quattro mani), Repercussio (clarinetti e ensemble), Città viva, Città morta, città… ( sax e ensemble), Strade (flauto e ensemble), Il Paese della festa (clarinetto e ensemble). Notevole il concerto per violino e orchestra Sciaugscenesce, col  suo tentativo di smontare il predominio gerarchico del violino in una programmatica inversione di ruolo tra il primo e il secondo movimento. Nel terzo, sulla base della melodia popolare La canzone di Zeza, che viene utilizzata solo per quel che riguarda la successione delle altezze, si sperimentano suoni staccati, glissati del violino ma anche dei clarinetti, tromboni, arpa e timpani.

I nove minuti di Synph, per ventuno violini e orchestra, sono un gioco di rincorsa speculare tra i solisti che entrano in successione, e poi retrocedono fino al silenzio. 

L’ultimo lavoro discografico di Cesa comprende la Sinfonia degli Inni e dei Canti, e il Concerto per pianoforte e orchestra (Bella Musica). Il compositore mescola qui il folclore locale alla ritualità metropolitana, cimentandosi con  due delle forme legate alla più aurea tradizione colta. Il nesso ritmico del Concerto  è in una frasetta da hits di musica leggera : “ndacalàmacalì”, che certo funziona meglio di complessi calcoli algoritmico/seriali. La sinfonia, dal canto suo, è eseguita con grande vigore e convinzione  dall’orchestra “Mihail Jora” di Bacau, tra glissandi e sovrapposizioni di temi. E’ un’ opera di complessità e densità sconcertanti”.

La copertina di uno dei vinili di Mario Cesa