La necessità di dirlo

Intervento di Girolamo De Simone

La situazione di ‘emergenza’, protraendosi, sta diventando ‘ordinaria’, e di conseguenza tutto ciò a cui abbiamo forzosamente rinunciato viene accettato, trasformando la nozione stessa di ‘diritto’. Si considera socialmente riprovevole esprimere idee divergenti, ma assolutamente normali dal punto di vista dell’affermazione della semplice logica, e del diritto alla propria scelta e alla propria libertà. L’uniforme proclama televisivo cancella il ragionamento appena appena più stratificato. Non si accetta che nessuno dovrebbe essere controllato. Nessuno obbligato a comportamenti forzosi perché quelli normali sarebbero ‘potenzialmente’ nocivi (ogni comportamento è ‘potenzialmente’ nocivo, ogni muovermi può potenzialmente sottrarre qualcosa a un altro: anche una fila è potenzialmente nociva, perché se arrivi dopo puoi non trovare più assistenza, un farmaco, denaro in banca, eccetera). Un diritto non può dipendere dalla casualità dell’ordine d’arrivo. Il mio e il tuo diritto non può dipendere da un’ipotesi.

Nessuno può poi essere obbligato a possedere un telefonino, una rete, servizi tecnologici che peraltro paga. Nessuno può obbligarmi ad avere, saper usare e mettere a disposizione un calcolatore, senza fornirmelo o formarmi adeguatamente (non bastano poche ore farsa). Nessuno può essere obbligatoriamente esposto a una visibilità, a essere visto nei particolari anche se è a casa sua, e non può esserlo perché questa visibilità con un semplice ‘clic’ diventa esposizione attraverso la registrazione video o audio. Poi, ‘fuori campo’ chiunque può guardare, ascoltare, registrare. Io vedo pochi centimetri. La ‘mia’ visibilità è ridottissima, ma la mia esposizione è esponenziale. Nessuno può essere raggiunto in qualsiasi momento. Io devo potermi ‘disconnettere’, o restare raggiungibile da un familiare e NON da un datore di lavoro, un utente o un collega.

Nessuno può essere legittimato al CONTROLLO, di qualsiasi aspetto del mio vivere e sulle mie scelte. Ciò che è accettabile in situazione di ‘emergenza’, ammesso che lo sia o che essendolo non la si sarebbe potuta e dovuta affrontare con scelte più logiche ed efficaci, non può diventare la normalità, ciò che se non fai ti espone a sanzione o al pubblico ludibrio. Nessuno può obbligarmi a mutare repentinamente le mie “regole d’ingaggio”: e meno male che ci sono giudici e sindacati (hanno già cominciato ad attaccare i sindacati, ma presto lo faranno come al solito anche con “quei magistrati che”). Nessuno può trasformare l’eccezione in regola, cancellare anni di conquiste e millenni di consuetudini giuridiche, con tratto di penna e lavaggio del cervello televisivo. Scatenando il terrore. Impedendo alle persone di ragionare. Vietando l’incontro. Vietando cultura arte musica col precipuo intento di colpire il pensiero libero. Impedendo la circolazione antimeridiana, con provvedimenti restrittivi nati il giorno successivo alle proteste non violente delle persone (certo, c’erano anche pochi violenti, che condanniamo eccetera eccetera, come fa ogni papero in tv: sono sempre i pochi violenti, forse infiltrati, che giustificano le violenze di sistema, come sempre accaduto).

Se si applicassero la semplice logica e solo i fondamenti elementari del diritto, molti commentatori televisivi, e ahimè anche diversi giornalisti della carta stampata, farebbero figure da quattro soldi. Restiamo lucidi e vigili, non accettiamo limitazioni ‘permanenti’. Schieriamoci al fianco di chi difende il diritto e i diritti. Ma sempre, non solo quando è di moda fare la giornata o la sfilata per la legalità.

Il Panopticon di Bentham, ovvero la Casa d’ispezione, curato da Michel Foucault