Qualche anno fa ero capitato nella sua casa a Sant’Anastasia, in un vicoletto nei pressi di Casamiranda. Definirla ‘casa’ è anche troppo: si tratta di una stanzetta con un lettuccio, alcune sue cose e l’immagine che lo accompagnò per tutta la vita: una madonnina con le braccia incrociate sul petto: è la Madonna della Purità. Di quella visita mi rimase il dono di un’immaginetta che lo ritrae proprio mentre prega inginocchiato davanti a quel quadro: il venerabile Francesco Maria Castelli, incoronato Beato dalla pietà popolare del suo paese d’origine.
Pochi giorni fa il ‘santino’ devozionale rispunta da un libro, e lo rileggo con rinnovata gioia. Francesco, figlio di un marchese, era entrato giovanissimo al Collegio di San Carlo alle Mortelle di Napoli, e aveva preso i voti come barnabita, ammalandosi però subito di tubercolosi. Nonostante tutto, già in odore di santità, ogni volta che lasciava per qualche ora il convento tutti dicevano di lui “è uscito il sole!”. Aggravatosi, il 18 settembre 1771, ormai allo stremo delle forze, fu riportato nella sua stanza a Sant’Anastasia, ove morì a soli diciannove anni. Sul retro del ‘santino’ leggo che i suoi resti furono condotti a Napoli, ove riposano nella Chiesa di Santa Maria di Caravaggio, a Piazza Dante. Allora decido di andarci, in questa chiesa, ma sbaglio e vado nell’altra, dove mi accoglie un duplicato del celebre affresco della Madonna dell’Arco. Torno a piazza Dante un altro giorno, e vedo finalmente la cappella dedicata a Francesco Maria Castelli. Raccolgo un’altra immaginetta, più semplice, dove è citata la devozione alla Madonna della Purità, che le fonti fanno risalire a un quadro ospitato a Napoli, nella Basilica di San Paolo Maggiore, ma che è rappresentata in modo diverso da quella cui era devoto Francesco.
Passa circa un mese. Un giorno prendo la vesuviana, e andando per vicoli spunto nei pressi della Chiesa di Sant’Eligio, nota come Sant’Arcangelo agli Armieri. Solitamente è chiusa, ma stavolta vedo che il portone d’ingresso è aperto. Entro, e all’ingresso, sulla panca destinata a propiziare le offerte, trovo varie immagini e una sola cartolina: è la Madonna della Purità, come rappresentata nell’immaginetta di Francesco. Faccio l’offerta e prendo la cartolina. La giro e leggo che quel dipinto è proprio lì, nella Chiesa di Sant’Eligio! Lo cerco e lo trovo in una cappella al lato destro dell’altare maggiore. C’è solo quell’immagine, attorniata da gigli, simboli della purezza. Di una purezza il cui senso si fa però ampio, perché la vera purezza è spazio del sentire e dell’accogliere. Rientro la sera a casa. Cerco altre notizie e scopro che quell’immagine semplice ha raccolto la devozione dei napoletani, e generato tanti prodigi. La colloco al fianco di Francesco Maria Castelli: è il 24 novembre, e la festa della madonnina è occorsa pochi giorni prima: il 18.
Mi interrogo a lungo sul caso e sul senso profondo delle cose, che a noi sfugge.
Il giorno dopo, il 25, a piazza Dante vengo violentemente investito da una moto. In tasca ho l’immagine di Francesco e quella della Madonna dell’Arco. Ne esco malconcio, ma vivo.
Girolamo De Simone