E Fabula sia! un originale lavoro solistico di Arcadio Baracchi

Recensione di Girolamo De Simone

Lo straordinario flautista Arcadio Baracchi ci propone – in questo disco edito da Stradivarius nel 2017 (STR 37067) – lavori commissionati a dieci Autori del panorama contemporaneo italiano, modulazioni e interazioni su poemetti di Pier Luigi Berdondini, non prolifico (buon segno) ma denso e imprescindibile poeta nato a Faenza, ma fiorentino d’adozione (una lirica funge da epigrafe sul suo sito: “Nei silenzi delle dimore ti ascolto già materia eppure sillabario di suoni verbo e fiore di viaggio alle due voci amore acerbo”).

E sillabario del contemporaneo è Fabula Ut, cd ispirato ad una raccolta di composizioni eseguite per la prima volta nel 2007 da Baracchi, opere di mano differente la cui coesione è però assolta da comune matrice poetica (i testi che azionano le scritture musicali sono correttamente riportati nel libretto d’accompagnamento, e costituiscono importantissima stratificazione di senso aggiunta all’ascolto). I compositori coinvolti sono, nell’ordine di apparizione: Nicola Sani, Guido Baggiani, Carlo Alessandro Landini, Carla Magnan, Mauro Cardi, Giancarlo Cardini, Marcello Panni, Angelo Russo, Daniele Lombardi e Fabio Cifariello Ciardi. 

Performer ospiti di Baracchi sono Monica Benvenuti (calde modulazioni e tecniche vocali miste di grande efficacia), Liliana Poli (credo in una delle ultime registrazioni, grandissima interprete storica) e il Poeta Berdondini, il quale appare con voce recitante nell’ultima track del lavoro monografico.

Le caratteristiche dell’operina (tale è, in cognizione estesa, il progetto) potrebbero occupare un intero saggio sulle tecniche e sui linguaggi delle avanguardie storiche (o, se si preferisce, storicizzate), e sarebbe fuori di luogo darne conto in una recensione. Del resto una analisi particolareggiata, densa ed esauriente, appare già nel libretto del disco,a firma del musicologo Paolo Somigli. Qui si può solo provare a offrirne parziale sintesi. Prima di tutto, segnalo il Suono. Il collante del disco è questa straordinaria emissione sonora di Arcadio Baracchi, flautista di cui è superfluo raccontare la carriera precoce e gli straordinari successi internazionali. Quale che sia lo strumento utilizzato, talvolta con alternanza anche in singolo brano, ottavino, flauto in do, in sol e basso, l’emissione è di tale bellezza, precisione, equilibrio tra prima linea monofonica e suoni secondari talvolta scritturali, talaltra offerti dalla texture complessiva, cioè suoni/sfondo, secondari, che talvolta nel flauto sono solo ‘disturbo’ (e ben venga anche il disturbo), da raggiungere un equilibrio che si fa valore aggiunto del discorso, evadendone la sola linearità. 

L’attenzione per la texture, per questi suoni solo in apparenza secondari, non è da tutti. A questo collante, si aggiunge una straordinaria musicalità nei fraseggi lenti, e la capillare funzione d’onda, onda mantenuta, anche in luoghi di parossismo esecutivo, come avviene, ad esempio, nella traccia d’apertura, “Imagine from Butterfly”, di Nicola Sani. L’emersione di questi elementi di musicalità pura rendono possibile il discorso solistico (flauto solo), che altrimenti potrebbe risultare impossibile da rendere, considerati i tempi sensibilmente ridotti della nostra attuale capacità attentiva (in epoca di spot musicali estremamente compressa). 

Nel Suono di Baracchi c’è la capacità di ‘parlare d’altro’ dalle tecniche già storicizzate dello sperimentalismo, dalla sua solita linearità: opzione che s’annida vittoriosamente nella consapevolezza dell’eteroriferimento timbrico in direzione di una nuova consapevolezza del Suono, che è poi l’altra linea, per lungo tempo soccombente, del lessico d’avanguardia. Ciò accade, ad esempio in “Pastelli sul pack” di Mauro Cardi, dove l’eteroriferimento timbrico, a parer mio, è evidente: renderla, questa uscita dal sistema, è merito scritturale e al contempo consapevolezza esecutiva di Baracchi. La formula, evasa, rende immediatamente vigile l’ascoltatore, come una accensione improvvisa. Ogni brano ha naturalmente delle caratteristiche di interesse, sia dove si aggiunge la voce che ‘canta’, come nell’ “Adagio scintillante” del compianto Daniele Lombardi, sia dove il discorso si fa narrazione, come nelle “Cinque Bagattelle” di Giancarlo Cardini. 

Il disco pare chiudersi egregiamente con il brano di Fabio Cifariello Ciardi, dove al flauto solistico di Arcadio Baracchi si fonde la voce narrante del poeta Berdondini (che recita: “evitate di fare i critici musicali / no / no / immaginate un’onda”…).

Un lavoro egregio che “nasce dalla raccolta di nove fiabe in forma di improvvisi poetici” e che si dirige verso orizzonti inediti del dire: davvero “fantastica via di fuga verso scenari sospesi diversi”, come aforisticamente segnalato da Daniele Lombardi.

Il poeta Pier Luigi Berdondini