Recensione di Girolamo De Simone
Un bel disco, Music for tales – vol. 1 (Angapp Music, 2021) di Cesare Pastanella. Si tratta di un lavoro che raccoglie composizioni pensate per due spettacoli teatrali di Lucia Zotti, per la precisione due fiabe ‘africane’. Il disco comprende, poi, un brano tratto dalla colonna sonora di un film di Edoardo Ponti, e infine una rivisitazione del samba de roda bahiano, quale sfondo a un racconto di Alice Da Conceição, una donna di Salvador de Bahia incontrata da Cesare durante le sue peregrinazioni etniche. E interetnico, felicemente coeso, è Music for tales, che scorre omogeneo sul piatto del lettore digitale, con gradevolezza e senza cesure nocive alla consequenzialità del discorso scritturale e dei presupposti che palesemente lo animano. Cesare Pastanella è noto quale percussionista, ma anche come polistrumentista, e viene affiancato, in queste tracce registrate tra il 2011 e il 2021 (quindi, si tratta di una splendida sintesi, quale autore, dei percorsi realizzati negli ultimi dieci anni) da Giorgio Pinardi (voce e armonici tibetani), Ana Estrela e Lucia Zotti (voci), Nando Di Modugno (chitarre), Francesco Cinquepalmi (basso e contrabbasso), Leo Gadaleta (archi, flauti ukulele e altri strumenti) e Nicola Masciullo (chitarra acustica). Come già osservato, tutte le tracce mostrano ampia fruibilità; la mia preferenza personale va verso i bordoni tibetani presenti in The flight (track 04), gli assoli di percussioni di Hunting dance, la narrazione vocale concreta di Alice’s tale (che meraviglia!). In the mud chiude il viaggio: è un brano più ‘elettrico’ ed elettronico, col suo bordone denso di aggiustamenti infratonici e di pitch: i sintetizzatori azionati da Pastanella si fondono con la chitarra acustica di Nando DI Modugno e il basso elettrico di Francesco Cinquepalmi.
In Music for tales gli strumenti si moltiplicano, e non impediscono garbati insert vocali: balafon, pentole di rame, shekeré, chiavi, sonagli, Karkabo, Bensuri indiano e nepalese, n’goni, gunibri, banjo… mescolati con opportunità alle voci e agli strumenti acustici ed elettrici: basso, chitarre, contrabbasso, flauto dolce, archi… Si tratta di una fusione nella quale la presenza del suono, e dei molti timbri rappresentati – intendo proprio la componente lessicale di tale presenza- raggiunge una coerenza linguistica in grado di mantenere un sentore, quasi una retrovia, preterintenzionale, di ascolti e riferimenti sedimentati, pur cogliendo ampiamente suggestioni di confine ed efficacemente amalgamandole, esaudendo – quindi – le premesse del tracciato/sfondo. Un disco che mantiene integra tutta la gradevolezza e l’efficacia di un live, e che va acquistato e ‘consumato’ con gioia d’ascolto.
Vorrei chiudere con un riferimento alla bella grafica di copertina, e alle sue varianti interne, con le immagini di Luciano Montemurro: arte geometrica e concept ineccepibili. (Girolamo De Simone)